di Monica Soldano Partorire sane e salve oggi in Italia si può. Ma per fare di meglio ed aggiungere qualità e serenità occorre riorganizzare strutture e operatori. Questo l’appello rilanciato a Roma dalle principali società italiane di ginecologia, SIGO, AOGOI e FESMED.
In Italia, i dati sulla mortalità infantile parlano chiaro: continuano a scendere, lo ha comunicato il Ministero della Salute. Nel 2006 su 1000 nati vivi, i decessi sono stati il 4,1, mentre nel 2001 erano 4,9. Così dal 2005 al 2010 su 3 milioni di parti, sono stati segnalati 61 eventi sentinella, con decesso della madre o del bambino.
Se, dunque, l’antica paura delle donne, quella di morire di parto, non avrebbe più ragione di esistere, l’altra, quella di come partorirò e se lo farò con dolore, resta un capitolo aperto. Non solo perché l’analgesia del parto è poco diffusa, ma anche perché da sola non basta, quando la scelta di andare diritte in sala chirurgica prevale.
In base ad uno studio della Commissione Nazionale dell’AOGOI (ginecologi ed ostetrici ospedalieri) se il taglio cesareo fosse eseguito in base alle linee guida validate, dovrebbe essere inferiore al 10%, mentre il fattore organizzativo delle strutture (ad es. l’assenza di un ostetrica o dell’anestesista in alcuni turni), inciderebbe per il 2%, sulla scelta del cesareo.
Inoltre, il dato più interessante ci dice che sono le strutture con meno di 500 parti l’anno, quelle più a rischio di disservizio. Che sommate, in Italia sono ben il 15% del totale. Vale a dire che 15 donne su 100 sono esposte 3 volte di più delle altre all’intervento chirurgico per partorire.
Non solo, ma che a queste si sommerebbero quelle che chiedono espressamente il taglio cesareo con diverse motivazioni, tra cui la paura del dolore già patito con il parto vaginale. La somma fatta raggiunge il 25%, che in realtà è ancora bassa, perché in alcune regioni, quelle con più alta presenza di cliniche private e piccoli ospedali (guarda un po’), si sale oltre il 50%.
Inoltre, qualche problema è anche a monte, nella formazione dei ginecologi-ostetrici, come sottolinea il senatore Ignazio Marino, che ha partecipato all’incontro. Secondo il senatore PD, “La specializzazione in ostetricia, senza la disponibilità di una sala parto, andrebbe chiusa.”. Inoltre. “Le schede di ricovero, i DRG, sono calcolati con tecniche primitive, e per l’assistenza al parto andrebbero elevati”.
Dall’osservatorio di Lisa Canitano, ginecologa e presidente di Vita di donna, il documento della Società Italiana dei Ginecologi è ragionevole, ma, “il problema del parto non è solo l’organizzazione delle emergenze, ma anche come prevenirle”.
Ecco perché è importante, aggiunge Canitano, “come si arriva in sala parto. Con quale percorso, a seconda se si tratti di una gravidanza a basso o ad alto rischio e come è accolta la donna dagli operatori. Dovremmo rivalutare il lavoro delle ostetriche sia nell'assistenza alla gravidanza che in Sala Parto e seguire con grande attenzione le deviazioni dalla fisiologia prima durante e dopo il parto. Di certo, l'esperienza all’Ospedale Grassi di Ostia, che ha una casa per partorire in Ospedale, con l’ostetrica che assiste, e l'Ospedale pronto in caso di emergenza, potrebbe davvero essere un buon modello di riferimento per i parti spontanei”.
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